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Ciro Coccia è un volto sorridente, fiero del suo lavoro. Noncurante delle troppe dinamiche – e delle troppe chiacchiere – che intervengono, confondono e abbagliano. Che distraggono da ciò che significa veramente fare qualità. Ciro è un pizzaiolo, nipote, figlio e fratello di pizzaioli. Geni dominanti che imprimono il loro carattere da generazioni. Siamo agli inizi del ‘900 quando Fortuna, nonna e capostipite della famiglia di pizzaiuoli, apre il suo omonimo locale alle spalle della Stazione Centrale di Piazza Garibaldi a Napoli. Fortuna era un “vini e cucina”, quello che oggi chiameremmo trattoria: un luogo di ristoro per dare un pasto caldo a chi, di passaggio, sedeva tra i suoi tavoli. Nel dopoguerra il locale di Fortuna, preso in gestione dai figli, diventa Ristorante e Pizzeria. Oggi La Pizzeria Fortuna, tutta nelle mani di Ciro Coccia, è una pizzeria tradizionale, tipica. Anche se, affiancare alcun tipo di aggettivo a una pizzeria di tal fatta sembra riduttivo. Non ne rafforza il significato, ma lo riduce a un’etichetta. Fortuna è una pizzeria e basta. Una di quelle vere, che solo a Napoli. Pizza a portafoglio, marinara o margherita. Pizza per chiunque abbia fame. Pizza per tutte le tasche. Da quel primo “vini e cucina”, per effetto di una naturale ramificazione, le generazioni successive sono andate avanti. Siamo giunti alla terza di quelle generazioni e le radici originarie si sono intrecciate con nuovi luoghi e nuove idee.

ciro dea bendataEnzo Coccia, primo tra i nipoti di nonna Fortuna, è un volto noto: divulgatore, insegnate appassionato e appassionante prima che pizzaiolo, da anni ha reso la sua Pizzaria La Notizia un punto fermo per Napoli, per chi ama mangiare e per chi desidera fare la pizza. Poi ci sono Salvatore e Carmine Coccia, con e loro pizzerie a Valencia e Barcellona. Infine, last but not the least, c’è Ciro che gestisce la vecchia pizzeria di famiglia e che, da due anni si è buttato in un nuovo esperimento: nella sua pizzeria La Dea Bendata, a Pozzuoli (NA), elementi semplici come acqua, farina, olio e pomodoro sono solo di prima qualità. Ricercati con pazienza, si mescolano fondendosi in un insieme che è più della somma delle sue parti. È la sua pizza.

ciro dea bendataCiro Coccia ha un carattere mite, sembra timido, remissivo. Si affaccia nella sala del suo locale e osserva. Osserva i volti dei commensali per individuare espressioni di gradimento e quando le incrocia, sorride. Sembra che Ciro Coccia non ami parlare. Sembra. Ma poi, sfiorando le corde giuste, inizia a suonare la sua musica. Racconta di tutto, della la sua storia, i suoi successi e suoi fallimenti. A guardarlo pare che tutte le sue conoscenze, le sue competenze scorrano come un flusso ininterrotto, dal corpo al pensiero e da questo alla voce: le mani si muovono e ritmicamente accompagnano le parole che parlano dell’impasto. La sua spontaneità disarma quando parla dei “competitors”, meritevoli o meno, sempre con estrema discrezione, con la benevola sincerità di chi la pizza la sa fare, perché con gli impasti ci è cresciuto. E poi, quando dalle chiacchiere informali si passa al dettaglio tecnico della produzione, è impeccabile: un colpetto di tosse per schiarirsi la voce e inizia a raccontare. Alla base dell’impasto c’è un blend di farine: una percentuale (variabile) del clima di farina forte, la rossa Caputo, una parte abbondante di farina verde Caputo (una farina 0) e una piccola percentuale di gialla Caputo, con pochissime proteine ma molto saporita, che spinge sul gusto dell’impasto assoluto. Dichiara, consapevole di essere in controtendenza, di non amare le lunghe ed estenuanti lievitazioni, che solo impasti molto glutinici possono sopportare “è vero, una maglia glutinica tenace agisce come una rete che trattiene l’anidride carbonica durante la lievitazione: l’impasto non si sgonfia, il cornicione diventa alto e soffice. Ma un impasto così proteico, io personalmente lo trovo pesante. Preferisco meno ore di lievitazione, con un impasto un po’ meno forte”.

ciro dea bendataCiro Coccia fa dell’estrema semplicità la sua forza, semplicità che si riscontra nel modo di parlare e di lavorare. Arriva la mattina presto alla Dea Bendata, misura la temperatura dell’ambiente, quello interno del locale dove i suoi impasti sono messi a lievitare e maturare e la temperatura dell’acqua, poi setaccia le farine. Alle 5.30 tutto è pronto e inizia il rituale dell’impasto. Ogni 10 litri di acqua aggiunge 1 o 2 grammi di lievito, necessario solo a far partire la lievitazione. Dosa il sale e dà avvio all’unico elettrodomestico che interviene nel processo, l’impastatrice. Una volta pronto, l’impasto è lasciato riposare fino alle 19.00 – 19.30, niente catena del freddo: “io sono più legato a un modo tradizionale di fare la pizza, un tempo la pizza andava in frigorifero solo perché il locale non aveva lavorato molto, la pasta era avanzata e per non buttarla si conservava nel freddo”. L’impasto è solo una delle parti di quell’insieme.

ciro dea bendata

crocchè di ricotta e spinaci

Quando racconta di come ha visto lavorare l’azienda da cui compra i pomodorini e la passata è entusiasta, perché ha rivisto in quella mani che producono tutto in maniera artigianale, le mani della nonna e i ricordi dell’infanzia. L’azienda è la San Nicola dei miri, che meriterebbe un racconto a parte: pochissima produzione e i ristoratori forniti si contano sulle dita di una mano (tra cui anche Don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi), inoltre dà a Ciro anche la pasta (Pastificio Gentile) per le sue frittatine speck, provola e ceci; per il San Marzano solo Agrigenus invece, una garanzia. Anche per l’olio due fornitori: l’azienda La Torretta e l’azienda Le Tore di Massa Lubrense (quest’ultimo lo troviamo anche da Don Alfonso) e poi tanti altri. Tutti assaggiati personalmente, tutti studiati dalla produzione al piatto. Ciro Coccia è una persona da scoprire, un’esperienza da non perdere.

Pizzeria La Dea Bendata – Corso Umberto I, 93, Pozzuoli, Napoli

Pizzeria Fortuna – Via Mancini Pasquale Stanislao, Napoli, NA 80139

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